Angela Rolandi, da Lavena a...Mauthausen.
Biografia a cura di Nico Righetti
ANGELA ROLANDI, DA LAVENA A… MAUTHAUSEN.
Nasce l’otto settembre 1910, a Lavena, comune che con la frazione di Ponte Tresa conta in quell’anno 1192 abitanti. E già la data, si intende il giorno e il mese, potrebbe apparire premonitrice.
Vive in località Redondo con la famiglia, che si occupa di agricoltura come, insieme alla pesca, buona parte dei lavenesi di allora, esclusa una discreta componente di migranti, per lo più stagionali: Romania, Francia, Belgio, Svizzera Interna.
Frequenta in paese le scuole dell’obbligo, poi inizia ad aiutare la famiglia, prendendosene cura e contribuendo attivamente al suo sostentamento. Già da ragazza mostra subito, a detta di chi l’ha conosciuta, un carattere forte, deciso, evoluto, ma allo stesso tempo sensibile e contrario ad ogni tipo di ingiustizia e violenza. La sua giovinezza e la sua adolescenza coincidono con il periodo fra le due guerre, una fase particolare di instabilità politica e sociale, ma anche economica, il crollo Wall Street è del 1929; una sequenza di concause, le quali favoriscono l’avvento di dittature, come il fascismo (1922) e il nazismo (1933), che portano fatalmente agli anni della seconda guerra mondiale. Angela, compatibilmente con le possibilità comunicative di allora, ne segue gli accadimenti cercando sempre di informarsi e prendendo poi delle posizioni ben precise.
Tuttavia, almeno fino all’inizio estate del 1943, il nostro territorio è relativamente tranquillo, non toccato direttamente dal conflitto, nel senso che non si verificano episodi di scontri, combattimenti, battaglie. Ovviamente l’economia è “un’economia di guerra”, ma la zona risulta quasi autosufficiente, disponendo di prodotti agricoli, della pesca e di qualche piccola impresa non completamente inattiva anche in quel periodo, pur se la maggioranza dei giovani uomini è chiamata alle armi. Le notizie però giungono, malgrado filtri e censure, anche se spesso si è di fronte a persone che, salvo eccezioni, dopo 20 anni di regime sono spesso prive di senso critico, accompagnato ad un diffuso pseudoanalfabetismo politico. Certamente non il caso di Angela, come si vedrà.
Poi la situazione precipita. Il 25 luglio 1943 cade il fascismo, Mussolini è destituito e il re affida il governo al Maresciallo Badoglio. L’8 settembre lo stesso Badoglio firma l’Armistizio con gli Alleati. E’ il CAOS. I militari non ricevono ordini, la gente è
impaurita e la nostra zona di confine diviene di importanza strategica per coloro che poi riusciranno a rifugiarsi in Svizzera.
I nazisti, da alleati diventano occupanti e invadono il Nord Italia, tra il 12 e il 18 settembre anche la Provincia di Varese, mentre il 23 dello stesso mese nasce la RSI (Repubblica Sociale di Salò), voluta da Hitler e guidata da Mussolini, dipendente di fatto dai tedeschi.
Nella confusione i valichi e le fasce di confine sono incontrollati per qualche giorno (8-12 settembre) e per sfuggire alla deportazione in Germania vi si riversano centinaia e centinaia di persone, poi migliaia: ebrei, politici antiregime, militari, soldati di leva, prigionieri fuggiti e anche qualche fascista in disgrazia. Si calcola che la settimana successiva all’otto settembre giungono nella zona di confine dell’Alto Varesotto almeno 10.000 richiedenti. Ma la provincia di Varese è troppo importante, sede di industrie, anche belliche, oltre che zona di confine; questo fa sì che dopo il 12 settembre i nostri valichi di frontiera vengano occupati dalla Guardia di Frontiera tedesca, poco dopo affiancata dalla Confinaria della RSI e in seguito coadiuvate dalla Milizia fascista, ristrutturate, dopo l’inquadramento nelle forze germaniche, con la Guardia Nazionale Repubblicana (GNR).
Da giovane donna altruista e sensibile, impressionata dalle persecuzioni razziali, che divengono purtroppo un’atroce costante, Angela si prodiga per aiutare profughi ed Ebrei che, soprattutto dopo l’otto settembre 1943, cercano di guadagnare il confine per rifugiarsi, sperando nell’accoglienza, nella neutrale Svizzera. Collegata con i partigiani, si mette anche a disposizione di un’organizzazione con tale scopo, probabilmente la Delasem, e favorisce, via fiume e via lago, l’attraversamento della nostra frontiera, allora presidiata dalla suddette milizia confinaria fascista (RSI) e dalle truppe tedesche.
Arrestata per “Fermo Precauzionale”, a Lavena Ponte Tresa, delazione e invidia non erano estranee, pur se non colta sul fatto, è consegnata alla GESTAPO e deportata, l’8 aprile 1944 a MAUTHAUSEN (qui senza registrazione), accusata di aver aiutato Ebrei e altri ad espatriare verso la CH; da lì, con il numero di matricola 81.300, ad AUSCHWITZ, dove vi rimane fino al 20 Maggio 1944; per essere poi condotta, 30
settembre dello stesso anno, al campo di RAVENSBRüK ( Numero 73455) e infine assegnata a quello di NEUENGAMMEN ( 9510), 27 ottobre 1944.
Dopo atroci sofferenze giunge il 15 aprile 1945 al Campo di BERGEN – BELSEN, dove viene in seguito liberata dall’Armata Britannica, praticamente in fin di vita.
Seguita dalla Croce Rossa Internazionale è curata in Germania fino ad ottobre 1945, prima di essere in grado di tornare in Italia, a Merano, per proseguire le cure. Le condizioni di salute sono talmente debilitate e precarie, che viene seguita per diverse patologie.
Parzialmente convalescente, almeno nel fisico, fa ritorno a Lavena e nel 1946 il sindaco Luigi Colli-Vignarelli la vuole come madrina all’inaugurazione del monumento del Capitano Ewerhard, a Ponte Tresa. Si sposa con Mario Pesenti, già militare in Africa per Savoia Cavalleria e più “fortunato” di Angela, poiché anche lui prigioniero, ma degli Inglesi, in Scozia.
Hanno quindi una figlia, che purtroppo non ha la fortuna di conoscere appieno la madre, grande invalida, che muore il 14 agosto del 1953, quando Maria Grazia ha solo tre anni.
Ma proprio il desiderio, dettato dall’amore, di conoscere le vicende della madre, ha portato la figlia a volerne sapere di più, a raccogliere notizie, consultando uffici e visitando, avendone riscontro, tutti i luoghi in cui ha sofferto Angela. Lo fa con scrupoloso puntiglio e questo le è possibile anche grazie ad una bella tradizione del nostro comune tuttora in vigore: offrire ai diciottenni un viaggio in questi luoghi, perchè ne traggano le debite conseguenze.
Ne è nata questa breve storia che Maria Grazia mi ha raccontato, con una discrezione pari soltanto alla sua dignità.
Nico Righetti , novembre 2023.